Da qualche giorno i numeri della pandemia hanno cominciato a decrescere. Si comincia a discutere di come organizzare una graduale uscita dal lockdown. Di quali attività saranno autorizzate prima di altre a tornare alla normalità. Con una valutazione basata su due criteri: la capacità (organizzativa, logistica) di operare in condizioni di sicurezza sanitaria per i lavoratori e gli utenti, la loro importanza per la tenuta del sistema paese.
La nostra proposta è che fra queste attività ci siano i musei e le librerie.
Sul piano logistico si tratta di attività che, con le stesse modalità utilizzate in queste drammatiche settimane dai supermercati o dalle tabaccherie, possono facilmente regolare i flussi di accesso in conformità alle regole di sicurezza sanitaria. Per molti musei il controllo e il razionamento degli ingressi è un fatto normale, gestito con procedure e tecnologie ben consolidate che derivano da esigenze di tutela dei beni conservati.
Milioni di persone durante la forzata permanenza a casa stanno impiegando una parte del tempo nella lettura di libri. Riaprire le librerie consentirebbe di andarne a comprare di nuovi: un’iniezione di speranza, la possibilità di soddisfare nuove curiosità. Una boccata d’ossigeno per un’industria importante che, come le altre del settore culturale, non solo sta soffrendo il colpo eccezionale di questa crisi ma rischia di non riuscire a risollevarsi.
Musei e siti culturali italiani accolgono ogni anno circa 130 milioni di visite, un primato assoluto in Europa (112 milioni in Germania, 63 in Francia). Si tratta di un’eccellenza italiana e non dobbiamo rischiare di perdere le capacità produttive legate alla gamma di servizi che sono capaci di offrire. Perché anche da queste capacità è risultato il primato europeo dell’Italia, oltre che dalla ricchezza del nostro patrimonio culturale.
Il flusso di visite subirà una riduzione temporanea nei prossimi mesi. Ma questo non è un motivo per mantenere chiusi musei e siti culturali, ferma la garanzia della sicurezza sanitaria. È nostro dovere tenerli comunque aperti anche se dovessero restare per qualche tempo poco frequentati. I musei italiani non esistono perché molti turisti nazionali e stranieri li visitano. Sono beni pubblici essenziali, fanno parte del nucleo fondante della nostra identità nazionale. Sono uno dei caratteri più distintivi dell’Italia, riconosciuto dall’intera comunità internazionale.
In questi giorni il mondo guarda l’Italia. Riaprire i musei – anche non tutti insieme, limitandoci in una prima fase ad alcuni dei più conosciuti – potrebbe ricordare al mondo e all’Europa il legame profondo fra il nostro paese e il patrimonio culturale, un valore che l’Italia custodisce non solo per sé stessa ma per l’intera umanità.