Care amiche e cari amici,
Il 2021 rappresenta un importante anniversario per la rivista Economia della Cultura che compie trent’anni. Pensiamo che debba essere celebrato insieme a tutti coloro che hanno contributo alla vita della rivista leggendola, scrivendo articoli, impegnandosi nelle attività redazionali e sostenendola finanziariamente, come abbonati o soci dell’Associazione per l’Economia della Cultura (AEC).
Il 31 luglio 1991 veniva chiuso e dato alle stampe il primo numero della rivista e riteniamo che questa data possa essere assunta come quella della sua nascita. L’editore era Marsilio, appassionato di scommesse intellettuali, come apparve allora impegnarsi nella conoscenza e nella ricerca sull’offerta, la domanda, le istituzioni, le imprese, i pubblici e i mercati nazionali e internazionali della cultura. Dopo tre anni, constatato il successo, AEC trovò nel Mulino l’editore che tuttora condivide questa impresa, oggi a stampa e online.
Gli anniversari, come tutte le feste di un calendario, sono giorni importanti in quanto “rammemorano” eventi che rappresentano una discontinuità positiva nella vita degli individui, delle associazioni o delle collettività. Come scriveva Walter Benjamin, “i calendari non misurano il tempo come gli orologi: sono monumenti di una coscienza storica”: nel nostro caso, della coscienza di un gruppo di individui associati nella realizzazione di un progetto comune; progetto che ha dato un contributo significativo alla nascita e allo sviluppo di un nuovo e diverso punto di vista per interpretare i processi di produzione e diffusione di un insieme molto eterogeneo di attività accomunate allora dall’attributo di culturale e poi anche da quello di creativo.
Il “programma di ricerca” che era a fondamento della nascita della rivista, e che ci sembra che ancora oggi debba essere considerato caratterizzante la sua funzione, era ben illustrato nell’Editoriale al primo numero dall’allora Presidente di AEC, Vittorio Ripa di Meana: “Ragionare di estetica, di scienza e di economia, oltre ad interpretare modelli di creatività, armonie del numero o risultati di geniali di intuizioni, ed anche ricercare bellezza nella scienza, significa percorrere il cammino della interpretazione economica delle varie attività che concorrono a questi esiti. Da questo ragionare ci siamo sentiti attratti per rispondere ad una pluralità di interrogativi sempre più attuali. Quale è il significato di “economia della cultura”? Che cosa hanno da dire gli economisti sulla cultura? Quale ruolo potrà svolgere la cultura nel percorso di integrazione continentale in corso in Europa? Ed a livello internazionale? Per chi e per quali fini si analizzano in chiave economica i campi assai differenziati della cultura? La rivista “Economia della Cultura” vuol essere uno strumento di risposta, ad essa si è messa mano su pervicace progetto dei miei predecessori alla presidenza della Associazione Giuseppe Galasso e Renzo Zorzi”.
Mettere insieme cultura ed economia nell’Italia di quegli anni ha rappresentato una impresa “scientifica” per niente facile. Come ha scritto Carla Bodo, artefice della nascita sia dell’Associazione che della rivista, in occasione del trentennale dell’Associazione: “Anche in Italia, come si sa, l’abbinamento scientifico cultura/economia non è di lunga data ed è l’esito del superamento di non poche e pervicaci resistenze da parte degli ambienti umanistici… Solo a partire dalla fine degli anni ’60, infatti, anche grazie alla spinta di paesi come la Francia e all’azione congiunta di organismi internazionali quali l’UNESCO e il Consiglio d’Europa, «un certo grado di oggettività ha potuto essere finalmente introdotto nel campo culturale, ove si considerino le cifre non come un sacrilegio, ma come uno strumento»”
Come “rammemorare” e festeggiare questo trentennale?
Usando il sito e i social dell’Associazione metteremo a disposizione dei soci e speriamo anche di nuove amiche e nuovi amici:
- da subito, una riproduzione fotostatica del n. 1/1991 perché ci sembra una importante testimonianza di come fin dall’inizio la rivista abbia preso in considerazione la cultura in tutte le sue accezioni e in una visione europea
- e, scadenzati nelle prossime settimane e mesi, alcuni degli articoli che sono stati pubblicati in questi trent’anni che ci sembra possano dare conto di come la rivista abbia fornito risposta a molti degli interrogativi posti da Vittorio Ripa di Meana.
Infine, il Comitato di redazione nella sua ultima riunione ha programmato, nella logica di “festeggiare” il trentennale, la pubblicazione di un numero che faccia il punto di come la riflessione sul tema della economia della cultura si sia modificata in questi trent’anni e del ruolo che ha avuto la nostra rivista nel dibattito nazionale e internazionale sulle tematiche che ne avevano giustificato la nascita. Questo numero si muove in realtà in continuità con lo “speciale” che Paolo Leon aveva realizzato in occasione del ventennale.
La direttrice di Economia della Cultura, Maria Chiara Turci, chiudeva la sua Nota Redazionale al primo numero con una citazione di Carlo Cattaneo del 1840 sul ruolo della cultura a livello nazionale ed europeo che oggi ci sembra più attuale di trent’anni fa. Per questa ragione la ripubblichiamo in forma ancora più estesa: “”Noi abbiamo per fermo che l’Italia debba tenersi soprattutto all’unisono coll’Europa, e non accarezzare altro nazional sentimento che quello di serbare un nobil posto nell’associazione scientifica dell’Europa e del Mondo. I popoli debbono farsi continuo specchio fra loro, perché gli interessi della civiltà sono solidali e comuni; perché la scienza è una, l’arte è una, la gloria è una. La nazione degli uomini studiosi è una sola: è la nazione d’Omero e di Dante, di Galileo e di Bacone, di Volta e di Linneo, e di tutti quelli che seguono i loro esempi immortali; è la nazione delle intelligenze, che abita tutti i climi e parla tutte le lingue.
Al disotto di essa sta una moltitudine divisa in mille patrie discordi, in caste, in gerghi, in fazioni avide e sanguinarie, che godono nelle superstizioni, nell’egoismo, nell’ignoranza, e amano e difendono talora l’ignoranza stessa, come se fosse il principio della vita e il fondamento dei costumi e della società. L’intelligenza si move al disopra di questo pelago; essa sparge in ogni parte i libri, i musei, le scuole, le studiose associazioni”.
Vi salutiamo, facendovi i nostri migliori auguri per l’Anno Nuovo e augurandoci che in molti vogliano collaborare con noi in queste iniziative
Pietro Antonio Valentino e Celestino Spada